Osservando le vetrine dei negozi d’abbigliamento delle grandi firme, sfogliando le riviste specializzate dell’alta moda oppure visitando mostre e musei che espongono manufatti delle antiche civiltà non possiamo non rimanere colpiti dalla bellezza che l’arte del merletto ha rappresentato nel corso dei secoli.
Il merletto è un tessuto delicato a sfondo trasparente, a disegno, eseguito con fili sottili di seta, di lino o di cotone persino d’argento e d’oro, veniva usato per bordare ed ornare biancheria, vestiti e paramenti liturgici. Si può dire che il merletto sia nato in Italia intorno alla metà del XV sec. come una nuova forma di ricamo nelle case signorili quale passatempo per le nobili dame. In breve la lavorazione del merletto raggiunse i pregi di un’arte vera e propria, diventando oggetto redditizio per l’esportazione grazie ai commerci delle Repubbliche di Genova e di Venezia che diffusero questa tecnica anche tra le donne del popolo. Nella prima metà del XVI sec. l’arte del merletto passò in Germania ed in Belgio (Fiandre), sino ad arrivare nelle corti spagnole e francesi ad indicare opulenza e ricchezza. Il merletto a fuselli detto comunemente al tombolo si realizza per mezzo di un piccolo cuscino cilindrico (tombolo) ed un vario numero di fuselli, rocchetti in legno e d’osso, terminanti con un’impugnatura, sui quali sono avvolti i fili necessari per fare la trina, il pizzo.
Generalmente i pizzi e i merletti formavano delle decorazioni che terminavano a punta, infatti la parola deriva dalla forma a “merlo”(-etto), elemento architettonico caratteristico del XVII sec. sulle cime delle torri, fortezze e castelli. La sempre maggior richiesta di abbigliamento e di un relativo corredo prezioso portò alla diffusione di numerose botteghe artigianali nonché all’industrializzazione del prodotto che comunque non eguagliava la finitura di un’opera fatta a mano, con pazienza ed abilità, virtù che la contessa Cora Slocomb, moglie di origine americana del nobile Detalmo Savorgnan di Brazzà, aveva saputo apprezzare nelle donne e ragazze friulane. Nata nel 1862 a New Orleans, figlia unica del capitano Cuthbert H. Slocomb e di Abbie Day, Cora ricevette un’educazione di prim’ordine dimostrando intelligenza vivace e sensibilità artistica. L’amore per l’arte e per i viaggi contraddistinsero il suo spirito cosmopolita che la portarono in Italia dove conobbe e sposò nel 1887 il conte Detalmo Savorgnan di Brazzà con il quale intraprese numerose iniziative imprenditoriali e filantropiche. Trasferitasi in Friuli, terra che amò da subito, Cora si rese subito conto delle difficoltà e della miseria che opprimevano le famiglie rurali di allora, spinta dal desiderio di aiutare la popolazione ad emergere dal bisogno e nel contempo motivata ad arginare l’emigrazione, decise di avviare una prima emancipazione della donna ovvero di coinvolgerla nel bilancio familiare senza distoglierla dai lavori della campagna e della casa. Nel 1891 istituì “Le scuole cooperative di Brazzà” per merletti a fusello la cui prima sede fu la torre neogotica di Villa Miramonte, da lei fatta realizzare con i mattoni delle vicine fornaci, nel Borgo di Santa Margherita del Gruagno. Sei ragazze, quattro delle quali rimasero fra le migliori lavoranti della scuola, furono istruite dalla stessa contessa sui rudimenti dell’uso dei fuselli ed impararono così presto e bene da diventare la maggior attrattiva dei visitatori durante le numerose esposizioni che vedevano premiati con riconoscimenti internazionali i diversi manufatti della scuola (Chicago 1893, Parigi 1903, Londra 1904, Milano 1906 solo per citarne alcune). A solo un anno dalla fondazione della prima scuola avevano imparato l’arte più di un centinaio di ragazze tra i 7 e i 20 anni e in rapida successione vennero aperte altre tre scuole che avevano come marchio il trifoglio fino ad arrivare ad un numero sette. Tutti i merletti prodotti dalle allieve della scuola erano pagati a cottimo, ogni merlettaia era remunerata in ragione del lavoro compiuto e non del tempo impiegato a compierlo. La produzione di merletti d’arte trovò il maggior punto di diffusione a Roma dove veniva apprezzata ed acquistata da una clientela molto vasta ed esigente. I manufatti erano unici sia per disegno, curato spesso dalla stessa contessa, che per originalità d’intrecci. La regina Margherita fu una delle più assidue clienti e con Lei le dame di corte e numerose principesse. L’esempio della scuola di merletti rispondeva all’esigenza di dare uno strumento efficace in mano alle donne al fine di riscattare con un lavoro onesto la loro situazione d’indigenza e povertà. La contessa Cora infatti era contraria a qualsiasi forma di pietismo e di elemosina ma supportava l’apprendimento e la capacità di tradurre ogni iniziativa lavorativa che permetteva un riscatto sociale ed economico. E’ doveroso ricordare le parole della fondatrice: “…Dio le benedica e mandi lavoro alle loro mani così volenterose: questo non solo a loro ma anche ai loro figli e ai figli dei loro figli, affinché non siano mai incolpati di far del male per mancanza di lavoro alcune di queste ragazze siano orfane o handicappate o comunque malformate e molto povere, attaccato al filo che tessono c’è tutto il loro mezzo per un’esistenza onesta.” Cora Slocomb morì il 24 agosto del 1944 dopo aver speso una vita a favore dei più deboli promuovendo numerose altre iniziative imprenditoriali a favore dell’emancipazione femminile.